Un carissimo amico, incontrato per strada, a bruciapelo mi ha chiesto: "Ricordi l’antico detto U latt d’Ascension, che cosa voleva significare?". Avendo fretta, gli ho risposto: "Ti farò sapere". Ed ecco che anche a lui, porgo la risposta.
L’antichissimo detto popolare tutto foggiano, oramai in disuso come tanti altri, era strettamente legato alla nostra Fiera di Maggio che si svolgeva abitualmente nei giorni dal venticinque al trenta del mese. Un periodo in cui, annualmente, capitava l’antica festa dell’Ascensione. Anzi si può affermare che il detto era addirittura conseguente della Fiera e si spiegava con l’occasionale abbondanza di latte, di cui si giovava l’intera popolazione.
NEL PIANO DELLE FOSSE. La fiera, fino a un secolo fa, si svolgeva nel piano delle fosse: un triangolo sterrato in piena città col vertice in piana Sant’Eligio e la base nell’attuale via Trento, riservato, però al bestiame bovino ed equino, dato che una parte della grande massa degli ovini, prima d’ iniziare la transumanza per gli Abruzzi, si accompagnava ai tratturi di via Lucera e via San Severo e qualche annata anche verso Troia e Manfredonia. Durante la sosta, i pastori procedevano alla normale mungitura del latte, ma non potendo lavorarlo negli improvvisati bivacchi, anziché buttarlo - dopo la razione ai cani -, preferivano per antica usanza regalarlo ai cittadini, i quali ricambiavano il dono con cartacci di tabacco per le pipe e il fiuto.
LA 'CAGLIATA'. È facile pensare allo spettacolo che offrivano le vie cittadine affollate di gente proveniente dai più lontani rioni: fornite di bottiglie, flaconi, secchi si recavano fuori le porte della città, per ritornare poco dopo con i recipienti pieni di sostanzioso alimento, che permetteva di festeggiare l’Ascensione con scorpacciate di latte genuino, molto diverso da quello annacquato e venduto dai caprari. Per le occasioni le farmacie si provvedevano tempestivamente di caglio, giacché in moltissime famiglie, parte del latte era trasformata in “cagliata” a somiglianza di quella manipolata dai caprari, i quali fino a tanti anni fa vendevano per le strade al grido: “A quagliatella fresch, facitev a zupp”!
ETTORE BRAGLIA