La zip che utilizziamo ogni giorno per chiudere borse, giubbotti e pantaloni è un concentrato di storia e tecnologia con pochi eguali tra gli oggetti di uso quotidiano. «Ci è voluto meno tempo a inventare e perfezionare l’aereo o il computer», spiega Robert Friedel, storico dell’università del Maryland e autore di un intero saggio dedicato alla cerniera lampo.
Come ha fatto questo piccolo prodigio della meccanica di precisione a imporsi nel mercato delle "chiusure" soppiantando rapidamente i molto più economici lacci e bottoni?
Storia di un insuccesso. La primissima versione della zip risale al 1851. Fu brevettata da Elias Howe, lo stesso che inventò la macchina per cucire, e fu tutt’altro che un successo: si apriva nei momenti meno opportuni, era difficile da usare, costosa da produrre e si rompeva facilmente.
L’idea fu ripresa 44 anni dopo da Whitcomb Judson: molto più complicata della cerniera di oggi, venne proposta all’Esposizione Universale di Chicago del 1893 come alternativa alle stringhe per le scarpe.
L’evoluzione definitiva arrivò solo nel 1917, quando Gideon Sundback ebbe l’idea di aumentare i denti da 1 ogni 6,4 mm a 1 ogni 2,5 mm e di introdurre una rientranza che ne facilitasse l’aggancio e lo sgancio.
Sundback, grazie a due finanziatori privati, progettò e costruì anche la macchina per la realizzazione delle sue zip.
Potere della moda. Ma la cerniera lampo era destinata a essere impiegata solo su borse e scarpe ancora per due decenni, fino a quando, negli anni ‘30, il giornale Esquire la sdoganò come idea destinata a rivoluzionare i pantaloni e, di conseguenza, tutta la moda maschile.
A metà degli anni ‘50 la zip venne ulteriormente perfezionata dall’esercito americano, che la utilizzò per sigillare le borse destinate al trasporto dei materiali sensibili all’umidità. E nel 1958 venne impiegata anche dalla Nasa per realizzare le prime tute pressurizzate per astronauti.
Chiusure spaziali. Queste speciali versioni della cerniera venivano costruite avvolgendo con un materiale plastico i singoli denti della zip: in questo modo, una volta incastrati, i denti formavano un doppio sigillo al quale nulla poteva sfuggire.
Le cerniere plastificate si deterioravano però molto in fretta ed erano costose e complesse da realzzare perché il processo produttivo richiedeva continui test e verifiche sui materiali. Per questo motivo la Nasa le abbandonò a favore di soluzioni più pratiche.
Nel tempo l’evoluzione della lampo non si è mai arrestata. Nuovi materiali e nuove tecnologie l’hanno reinventata più volte: ci sono quelle magnetiche, che possono essere allacciate con una sola mano, o quelle nascoste all’interno dei vestiti e che consentono di cambiarne la forma e il disegno.
E infine una curiosità: vi siete mai domandati che cosa significa la sigla YKK presente su gran parte delle cerniere di borse, pantaloni e giubbotti che indossiamo quotidianamente? È l’acronimo di Yoshida Kogyo Kabushikikaisha, l'azienda giapponese che le costruisce dal 1934 e uno dei più grandi produttori al mondo, che con la cinese SBS si spartisce il mercato mondiale delle cerniere lampo.